lunedì 23 febbraio 2015

Rischiare la vita per amare Gesù e per farlo amare



Teresa era andata scoprendo come quell’avventura spirituale che da anni l’aveva coinvolta, nella faticosa scelta di un’amicizia senza se e senza ma con il Cristo, non era impresa meno arrischiata dei suoi spostamenti. Anzi, quelli materiali erano cifra possibile di una ricerca, di un dinamismo più profondo sulle tracce dello Sposo, che la Sposa del Cantico, la Chiesa, anche attraverso di lei, stava compiendo per interpellare molti fratelli e sorelle.

Così in un bel passaggio del Cammino, esortava le sue sorelle:«Non spaventatevi, figliole, se molte sono le cose a cui bisogna attendere per cominciare questo viaggio divino [della preghiera]. E’ la strada reale che conduce al cielo, sulla quale si guadagna un’infinità di beni e non è certo strano che ci debba parere gravosa…Se voleste guadagnare anche solo un centesimo il mondo non vi ostacolerebbe…ma voi muovete alla ricerca di ben altro tesoro…Volere o non volere, figliuole, tutti, benché in diversa maniera, camminiamo alla volta di questa fonte» (C 21,1.5-6).

Questa donna dal cuore profondamente umano non riteneva che fosse possibile essere cristiani, in qualsiasi vocazione, rimanendo indifferenti dinanzi al Cristo, al Dio fatto Uomo, consegnato all’umanità nella Parola e nell’Eucaristia. E la sua grande intuizione fu cogliere che l’amore al Cristo doveva manifestarsi in pienezza verso il suo Corpo crocifisso che è la Chiesa, pellegrina nel tempo, ferita ed umiliata dalle scelte e dai peccati umani.


Teresa aveva sperimentato che era assai più facile rimanersene seduti, facendo appunti agli altri. Invece, passare dalla critica salottiera al peso di iniziative concrete, implicava entrare in quella sana dimenticanza di sé che il Cristo chiede ai suoi amici e amiche:«Torno dunque a coloro che vogliono battere questa strada senza più fermarsi fino a che non siano giunti all’acqua viva. Importando molto conoscere come incominciare, dico che si deve prendere una risoluzione ferma e decisa di non mai fermarsi fino a che non si sia raggiunta quella fonte. Avvenga quel che vuole avvenire, succeda quel che vuol succedere, mormori chi vuol mormorare, si fatichi quanto bisogna faticare: ma a costo di morire a mezza strada, scoraggiati per i molti ostacoli che si presentano, si tenda sempre alla meta, ne vada il mondo intero» (C 21,2).
Tutto questo, la preghiera e i viaggi o, se si preferisce, il viaggio della preghiera, tanto nel silenzio di un oratorio quanto sotto il telone di carri traballanti, le aveva insegnato.

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